Pino Nazio riscrive la storia di quel tragico mistero.
Mogadiscio in quei primi mesi del 1994 sembrava diventata il centro del mondo. Del mondo losco e terribile della politica internazionale e dei signori della guerra. Traffici di rifiuti e di armi percorrevano rotte misteriose che però avevano al centro sempre il corno d’Africa. Ilaria Alpi conosceva quel mondo, quelle piste battute dal male. Aveva capito.

Ilaria e Milan
È domenica quel 20 marzo 1994 ma non è una giornata di festa. Per Ilaria non esistono giornate di riposo e quella mattina, insieme al suo cameramen Milan Hrovatin, hanno intervistato un personaggio molto influente del Nord del paese. Qualcuno che sa. Nel primo pomeriggio, un pomeriggio caldo e pieno di vento, passate da poco le 14.30, Ilaria e Milan con il loro autista stanno spostandosi verso l’albergo, quando da una Land Rover scendono diverse persone armate, almeno sette, e fanno fuoco uccidendo i due giornalisti della Rai.
Da quel giorno inizia un calvario di false notizie, di incredibili retroscena che, dopo 25 anni ancora aleggiano e avvolgono il destino di Ilaria e Milan, e che sono ricostruiti con attenzione e passione nel nuovo libro di Pino Nazio, giornalista Rai e autore televisivo e letterario, dall’eloquente titolo: Ilaria Alpi – L’altra verità (Edizioni Ponte Sisto)
Perché Pino, Ilaria l’ha conosciuta. E conosceva la sua energia.
Occasione per parlare del caso e del libro con l’autore sarà la prima presentazione del volume a Roma il 19 marzo alle 11:00, presso “Spazio 5”, centro culturale di grande prestigio a via Crescenzio 99.

La locandina dell’evento
E io ho intervistato Pino oggi, in una pausa del suo lavoro, per capire cosa lo ha spinto ad affrontare un intrigo internazionale come questo che ha portato via Ilaria e Milan.
Ancora un tuo libro su un mistero insoluto. Cosa ti ha portato a parlare di Ilaria?
«L’averla conosciuta e non voler accettare la mancanza di un colpevole per la sua morte. Ilaria Alpi era una giornalista sui generis, sempre pronta a mettersi dalla parte dei più deboli, di chi soffre. E in una guerra, come quella che alcuni “signori” hanno scatenato anche contro una missione di pace, di gente che soffre ce n’è tantissima. Non era una giornalista investigativa.»

Pino Nazio
Come hai incontrato questa storia?
«Ho conosciuto Ilaria Alpi nel 1993 quando Donatella Raffai mi chiese di andare a fare un servizio in Somalia. In quel periodo Somalia era sinonimo di Alpi e l’ho chiamata. Lei è stata disponibile, mi ha dato tutti i consigli che si possono dare a chi non conosce nulla di un paese. I numeri degli uomini della scorta da contattare, dell’autista, di dove dormire, come muovermi in una città pericolosa, i contatto buoni da usare nelle diverse occasioni. Ci siamo sentiti quando sono tornato dopo aver realizzato il mio servizio e ci saremmo dovuti rivedere, ma lei andò prima in Bosnia e poi tornò a Mogadiscio per la sua ultima missione. In questi venticinque anni ho sempre pensato di trovare il modo per approfondire tutto quello che era collegato con la sua morte: scenari, mandanti, esecutori.»
Come hai affrontato l’inchiesta, qual è l’altra verità del titolo?
«Ho letto documenti e sentenze, ho incontrato molti di coloro che potevano avere delle informazioni utili, ho cercato tutti i collegamenti possibili tra gli eventi. E non mi sono accontentato delle versioni ufficiali, delle facili verità, di seguire il senso comune. Così mi sono accorto che c’è una verità altra, su cui, forse per motivi di realpolitik, non si è voluto cercare.»
Emerge in questa tragedia una figura tra le tante che mi ha colpito: quella di Marocchino. Che sembra essere onnipresente. È l’elemento chiave?
«Marocchino era l’italiano più potente in Somalia, c’era prima che arrivasse la missione di pace e ci è rimasto dopo. Aveva sposato una bellissima donna somala e vivevano nella più bella villa di Mogadiscio circondati da una trentina di uomini di scorta. Aiutava chiunque avesse dei problemi logistici a risolverli e su questo ha costruito la sua fortuna. Si è indagato molto su di lui, ma alla fine è uscito pulito da ogni accusa. Io non sono per i processi sommari, non mi piacciono le condanne mediatiche, amo cercare le prove.»

Ilaria Alpi
Qual è lo scenario, in quali stanze si è deciso che Ilaria e Milan dovevano morire?
«L’ultimo capitolo del libro si intitola, appunto, “l’altra verità”. Non vorrei che una frase di troppo togliesse il piacere a qualcuno di leggere il libro per come ho voluto scriverlo.»
Hai la speranza che si possa arrivare ai colpevoli o almeno a una verità giuridica?
«Al tribunale di Roma pende una richiesta di archiviazione contro cui si sono espressi in molti. Una decisione non dovrebbe tardare, forse ci sarà dopo che si saranno spenti gli inevitabili fari che accenderà il venticinquesimo anniversario della sua uccisione. In ogni caso non bisogna smettere di cercare, come ci ha insegnato Ilaria e i suoi straordinari genitori. Vogliamo verità e giustizia.»
Mauro Valentini
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