Mauro Valentini

Scrittore & Giornalista

Povera Meredith – 15 anni fa il delitto di Perugia

Un colpevole (ormai libero) e due assolti

È una notte terribile quella tra il primo e il 2 novembre del 2007 per Perugia.

E certo Halloween non c’entra. Da una casa in via della Pergola una donna chiama il 112 impaurita. Qualcuno al telefono le ha detto che ha una bomba nel suo bagno! I Carabinieri arrivano seppur sorpresi, siamo a poche centinaia di metri dalla Fontana Maggiore, cuore medievale della città ma qui sembra già di esser in campagna. Chi può aver mai messo una bomba in un posto come questo. Difatti la bomba non c’è, e intorno alle 22:00 i militari tornano in caserma. Ma la mattina del 2 novembre la stessa donna trova due cellulari a terra sempre nel giardino e consegna subito alla Polizia Postale. Due veloci riscontri e gli agenti capiscono che quei due Nokia sono di proprietà di Meredith Kerscher, studentessa londinese da poche settimane a Perugia per il progetto Erasmus. Anche Meredith vive in via della Pergola, insieme ad altre tre studentesse, due italiane e un’americana di nome Amanda Knox.

Amanda e Raffaele

Quando alle 12:41 gli incaricati della Polizia vanno in via della Pergola trovano Amanda con il suo fidanzato Raffaele Sollecito fuori dalla porta. Hanno chiamato i Carabinieri perché hanno trovato il vetro della finestra rotto, e la camera di una delle inquiline sottosopra. Amanda che ha passato la notte a casa di Raffaele era tornata per farsi la doccia e oltre al trambusto in casa ha visto anche tracce di sangue nel bagno. Raffaele ha chiamato il 112 soprattutto perché la camera della Kerscher è chiusa a chiave e lei non risponde. A quel punto si sfonda la porta e in quella stanza, sotto il piumone che ne cela il corpo, c’è Meredith in un lago di sangue, uccisa. Le indagini puntano i fari subito su Amanda e Raffaele. È il loro comportamento che insospettisce subito gli inquirenti, legato anche alle loro dichiarazioni che diventano subito caotiche.
Un elemento tra i tanti per esempio è quella doccia che Amanda dice di aver fatto nonostante la casa a soqquadro, il sangue in bagno e la porta di Meredith chiusa a chiave. In una ridda di racconti che sconfessano nel giro di poche ore Raffaele e Amanda cambiano versione più volte, fino a che, tre giorni dopo, Amanda indica come assassino di Meredith il proprietario del pub dove saltuariamente Amanda lavora, Patrick Lumumba.

Nel verbale con cui la ragazza americana accusa Lumumba tutto è così poco chiaro ma per gli inquirenti basta ad arrestare lo straniero. Ma non certo a scagionare i due fidanzati. Il gip Claudia Matteini sembra non aver dubbi: l’assassino è Lumunba che è attratto sessualmente da Meredith e ha potuto contare sulla complicità di Amanda e Raffaele per un gioco erotico finito malissimo. Tutto chiaro? No perché Lumumba ha un alibi perfetto e non ci sono tracce sue nella casa, che invece è piena di evidenze per un altro soggetto della Costa d’Avorio, Rudy Guede.

Rudy Guede libero

Di lui ci sono impronte e tante, troppe tracce biologiche, prove inequivocabili della sua presenza attiva sulla scena del crimine. Guede è fuggito nel frattempo in Germania e una volta catturato racconta la sua versione: lui non ha ucciso Meredith, però ammette di esserci stato in quella casa e del resto negare era impossibile, ammette di aver avuto un approccio sessuale ma che poi mentre era in bagno ha udito un grido e sorpreso due giovani in casa che fuggivano. Così, dopo aver scoperto il cadavere di Meredith e aver tentato a suo dire di salvarla scappa perché impaurito. Per Rudy quei due sono Amanda e Raffaele. Che vengono arrestati.

Il processo di primo grado, il 5 dicembre del 2009 condanna Amanda e Raffaele alla pena di 26 e 25 anni di reclusione, per i giudici sono stati loro, insieme a Rudy Guede ad uccidere al termine di un gioco erotico con costrizione sulla povera Meredith. I due procedimenti sono separati in quanto Guede chiede e ottiene il rito abbreviato con condanna definitiva a 16 anni per violenza sessuale e concorso in omicidio. Ma in concorso con chi?

Qui inizia un’altalena di giudizi che travolgerà le vite di Amanda e Raffaele. Gli elementi contro di loro, oltre le dichiarazioni di Guede sono essenzialmente due: Una traccia non completa di DNA in un gancetto del reggiseno di Meredith attribuita dai periti a Sollecito e tracce di solvente e di DNA della Knox in un coltello in casa di Raffaele. Certo, Amanda frequentava la casa del suo fidanzato come Raffaele quella di lei, ma questi furono i punti centrali dei processi.

E gli indizi che assurgono a valore di prova non reggono nel secondo processo davanti la Corte d’Appello che, due anni dopo, il 3 ottobre del 2011, assolve i due imputati dal reato principale per non aver commesso il fatto, condannando la sola Knox a 3 anni, già scontati, per il reato di calunnia contro Lumumba. I due ormai ex fidanzati sono quindi scarcerati, tra le proteste e le minacce. Ci si aspetta dunque che il sipario cali dopo 4 anni di reclusione e di accecamento mediatico per Raffaele e Amanda. Quando escono le motivazioni della sentenza, la frase che più colpisce è quella che indica come probabile esecutore unico Guede, di fatto stravolgendo proprio il processo ormai chiuso sull’ivoriano. Amanda corre il giorno dopo la sentenza a Seattle salutando per sempre l’Italia, perdendosi il colpo di scena che riserva la Corte di Cassazione, che il 26 marzo 2013 annulla la sentenza di assoluzione rimandando il tutto alla Corte d’Assise d’Appello di Firenze. L’alta Corte è durissima con la sentenza che annulla, rilevando illogicità e contraddizioni.

Si ricomincia dunque, tornando al punto di partenza, quelle minime tracce lasciate dai due ragazzi sul luogo del delitto e sul coltello. Raffaele Sollecito dopo un periodo di vacanza a Santo Domingo che aveva fatto presagire ad una fuga rientra per assistere al quarto processo a suo carico, mentre Amanda segue da Seattle. Il 30 gennaio 2014 i giudici di Firenze, condannano Amanda Knox a 28 anni e 6 mesi di reclusione e Raffaele Sollecito a 25 anni, accogliendo le richieste del Procuratore Alessandro Crini. Una sentenza sorprendente nelle motivazioni, ove si fa riferimento ad un teste che vide Amanda e Raffaele lontani dalla villetta nelle ore compatibili con l’omicidio e sul cambio di movente e che si trasforma da sessuale a una semplice lite per le pulizie della casa. Pur restando l’evidenza della contaminazione sessuale di Guede.

Il clima in cui si svolge l’ultimoatto di questa triste vicenda è tesissimo, per le polemiche riguardanti da un lato la lontananza di Amanda dall’Italia e dall’altra la grande discussione sui metodi di rilevazione delle prove, specie quelle infinitesime di Raffaele sul gancetto di Meredith. La sentenza della Suprema Corte arriva il 27 marzo 2015è pronunciata dal giudice Gennaro Marasca dopo 10 ore di camera di consiglio.

Essa assolve dall’accusa di omicidio Sollecito e Knox, “per non aver commesso il fatto”, cancellando il secondo giudizio d’appello con la formula dell’”annullamento senza rinvio” . Secondo i giudici, il «complesso probatorio era fortemente contraddittorio. assurdo sarebbe stato disporre un nuovo dibattimento potendo contare su indizi così labili». Una sentenza forte, pronunciata nel merito e non nella semplice legittimità del procedimento e che sarà destinata per sempre a far discutere.

Mauro Valentini

La fortuna di Rudy Guede

Sulla scena del crimine le uniche tracce biologiche sono le sue . Eppure…

Da poche ore i giudici hanno concesso la semilibertà all’unico colpevole della morte di Meredith, consentendogli di collaborare con il Centro studi criminologici di Viterbo per alcune ore al giorno rientrando in carcere la sera.

Una pena, la sua, che finirà nel 2024. E che i suoi legali, tre anni fa, avevano addirittura provato senza riuscirci a ribaltare, avendo chiesto la revisione del processo che lo vede unico condannato per il terribile omicidio di Meredith. Una revisione che è stata respinta e che forse, avrebbe potuto riaprire scenari nuovi, sorprendenti. E tutt’altro che scontati.

Meredith

Rudy Guede è stato condannato con rito abbreviato a 16 anni (dopo una prima condanna a 30 anni in primo grado) per omicidio in concorso presupposto con altri. Che non essendo per sentenza definitiva più esser indicati in Amanda e Raffaele, stringerebbero il cerchio di molto.  E proprio attorno a lui, a Guede.

Sulla scena del crimine infatti, le uniche tracce biologiche erano tutte riconducibili al giovane ivoriano, che ha raccontato dal momento dell’arresto fino al processo diverse versioni riguardo a quella notte di Halloween del 2007, ma che di fondo tornano tutte al fatto che lui è arrivato sulla scena soltanto quando ormai Meredith era agonizzante. Ha detto poi  di aver visto due figure fuggire dalla casa, una riconducibile ad Amanda Knox e l’altra ad un “biondino” che per deduzione logica era stato indicato in Raffaele Sollecito, almeno fino all’ultima sentenza della Cassazione che ha invece scagionato entrambi.

Una confusione mediatica e investigativa che però ha pochi punti certi e probanti: Le tracce di Rudy Guede. Che sono evidentissime nel bagno e anche sul corpo della vittima, oltre alle sue impronte lasciate con il sangue di Meredith contro il muro. Questi due elementi soprattutto lo hanno inchiodato come partecipante attivo all’omicidio. Certo è anche che la spiegazione che Guede ha rilasciato proprio riguardo a quell’impronta è stata ritenuta (dalla Corte che lo ha giudicato) al limite del paradossale, avendo affermato di aver tentato di scrivere un nome che la ragazza in fin di vita gli stava dicendo: «ho pensato di scriverlo sul muro utilizzando il sangue di Meredith per paura di dimenticarmene.»

Rudy è un ragazzo fortunato. Lo è perché tracce di Raffaele non ne sono state trovate e anche quella microtraccia sul gancetto di un reggiseno è stata ritenuta non acquisibile, mentre il DNA di Amanda c’è, ma certo è che non può ritenersi una sorpresa dal momento che la ragazza americana divideva quell’appartamento con Meredith.

Amanda e Raffaele

“È evidente la assoluta mancanza di tracce biologiche riferibili a Sollecito a alla Knox nella stanza dell’omicidio e sul corpo della vittima, mentre si rilevano sul luogo del delitto e sul corpo di Meredith numerose tracce riferibili al Guede”. Così recitano le motivazioni di assoluzione dei due accusati, motivazioni che, nel caso ci fosse stata una revisione del processo, avrebbero potuto costituire un elemento di forte accusa verso il richiedente più che di discolpa. E stando a queste tracce evidenti, al racconto di Rudy che la Corte giudicante ha definito: “Contraddittorio e inattendibile” la richiesta avrebbe potuto tramutarsi in un clamoroso boomerag giudiziario, facendo cadere per paradosso quella correità definita nella sentenza e che avrebbe potuto lasciare solo lui, Rudy, quella sera, con la povera Meredith.

Ma la revisione che lui e i suoi legali chiedevano non c’è stata. Allora sì, non c’è che dire: Rudy Guede è un ragazzo fortunato.

Tra poco sarà un uomo libero. Tra pochissimo.

Mauro Valentini