Siete pronti per la terza serie?
Netflix infatti ha appena annunciato che Suburra La Serie tornerà con una nuova stagione. Le prime due sono state un grandissimo successo, diciamo pure che la seconda non ha replicato gli ascolti della prima, ma del resto era difficile ripetersi e poi la difficoltà della trama, più politica e meno da “action-movie”, l’ha forse un po’ penalizzata.
Ma Suburra ha se non altro già un primato: quello di esser la prima serie completamente italiana inserita nel circuito Netflix.
Eppure…

Alessandro Borghi
Sorvolando sulla trama che in molti conoscono e che se non conoscono non posso proprio per questo fare spoiler, qualche riflessione mi sento di farla.
La regia e la fotografia sono di passo chiaramente cinematografico, l’afflato narrativo sembra appunto quello di un film d’autore e del resto la mano di Michele Placido alla regia, pur coadiuvato da altri due registi come Andrea Molaioli (La ragazza del lago) e Giuseppe Capotondi (coregista anche della serie TV Berlin Station) sta lì a dimostrarlo-
Ma insieme a questo indubbio merito ci sono anche molti, secondo me troppi limiti rispetto alla storia narrata dal libro di Giancarlo De Cataldo e Carlo Bonini, o anche e soprattutto dal bellissimo film omonimo di Stefano Sollima.
Limiti per esempio legati ad una certa staticità della location, spesso imbarazzante. Comprendendo anche tutte le esigenze di costruzione e di semplificazione riferiti ai personaggi, i luoghi dove accadono gli avvenimenti sono sempre gli stessi. Per cui i personaggi li ritrovi sempre o sulla spiaggia o al maneggio o tutt’al più sotto la vela di Calatrava. Qualcuno poi dovrebbe erudirci sul come faccia Samurai a esser sempre nel luogo giusto al momento giusto, cogliendo sempre in sella al suo scooter tutti ma proprio tutti i movimenti dei dieci personaggi che ruotano attorno alla storia narrata.

Claudia Gerini
Ma il limite più evidente è quello legato alla costruzione in sceneggiatura di alcuni personaggi, che mal si legano ad altri, davvero belli e strutturati. Certo è che molto conta anche la qualità dell’attore, nella serie come al cinema del resto. Alessandro Borghi per esempio, specie nella prima stagione, si eleva su tutti gli altri prendendo la scena quasi con prepotenza, come farebbe in effetti quell’Aureliano Adami che interpreta, ma anche molto a loro agio appaiono per esempio la rediviva Claudia Gerini e Filippo Nigro, che per esempio deve supplire con la sua classe alle evidenti semplificazioni in sceneggiatura operate sul personaggio del politico prima idealista poi affarista. Ma quello che riesce a Nigro purtroppo non riesce a molti altri, e così trovo debolissima e piatta la recitazione di Francesco Acquaroli che certo non ha la stoffa del Samurai di Claudio Amendola al cinema. mentre provo sincera ammirazione per l’impegno che ci mettono sia Giacomo Ferrara che Barbara Chichiarelli nel tessere una struttura attorno alle esili scritture di Spadino e di Livia Adami.

Francesco Acquaroli
Ma per alcuni il gioco diventa troppo difficile. Impossibile per esempio per Eduardo Valdarnini che, nel ruolo del figlio del poliziotto con ambizioni da boss non convince mai, inceppando continuamente la fluidità della narrazione, anche se certe scorciatoie di scrittura non potevano aiutarlo: Come si può pensare infatti che un fannullone buono a nulla come lui, prima riesca a realizzare un agguato contro uno dei boss più temuti di Roma, poi in pochi giorni si trasformi in un accreditato socio in affari di due come Spadino e Aureliano, fino al capolavoro dell’assurdo, diventando in tre mesi addirittura ispettore di Polizia con poteri assoluti nella gestione del personale, senza concorso e senza tirocinio… Francamente sembra troppo… anche per una serie TV.
Mauro Valentini
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