Mauro Valentini

Scrittore & Giornalista

Il Vedovo compie 60 anni. Quella Milano ancora da bere tra risate e spietatezze

Un capolavoro che ha resistito alle intemperie delle evoluzioni dei costumi. Il boom economico visto da dentro, con tutto ma proprio tutto il marciume che lo contraddistinguerà negli anni successivi

Quando nel 1959 Dino Risi insieme a Rodolfo Sonego, che era lo sceneggiatore perfetto per Alberto Sordi, scrisse “ Il Vedovo” nessuno ipotizzava, neanche lui, di aver scritto un racconto quasi futurista, una fotografia con cui si cristallizzava un paese che aveva scoperto le porcherie di affaristi senza scrupoli e che non se ne sarebbe più liberata.

Alberto Nardi, romano e aspirante industriale abita in quel meraviglioso palazzo nel centro di Milano, la Torre Velasca, vista sul Duomo, appartamentino da miliardari con donne di servizio in livrea.

 

La Torre Velasca, dove vivono Alberto Nardi e sua moglie, teatro principale della commedia

 

Ma la ricca è sua moglie, Elvira Almiraghi, rampolla tuttologa e sfacciata donna di affari che è adorata dalla Milano che conta e che mal sopporta come dice anche pubblicamente questo marito definito più volte “ Cretino, megalomane, che si circonda di incapaci per sentirsi forte”. Una sventura per l’algida Elvira, dunque, una croce da portare in un’epoca dove il divorzio non era contemplato ma aggirato.

Gli affari di Alberto vanno malissimo, Elvira non vuole più aiutarlo economicamente nelle sue divertentissime imprese industriali;  quei “freni per ascensore brevetto Fritzmayer!” fanno cilecca, ma la fortuna sembra arridere al pusillanime pseudo-industriale, sotto forma di un incidente ferroviario in cui sembra che la signora Almiraghi sia deceduta.

La mia Elvira non c’è più” finge di disperarsi il neo – Vedovo, ma in realtà sta già facendo i conti su come spendere l’immenso patrimonio che erediterà, chi lo disprezzava lo comincia a temere e mentre si organizza un funerale in stile Hollywoodiano la morta ricompare, il treno caduto nel crepaccio lei lo aveva perso, non ci sarà nessun funerale e soprattutto Alberto Nardi non è più vedovo… “ Cosa fai cretinetti, parli da solo?” gli grida Elvira al marito che la vede ricomparire, disintegrando i suoi progetti di ricco ereditiero.

Da qui in poi, Nardi progetterà come uccidere la moglie, crearsi da solo un “ divorzio all’italiana”, ricostituire quello status di vedovo che la sorte gli ha tolto, in un crescendo di trovate straordinarie fino ad un epilogo sorprendente.

Alberto Sordi nella parte del “Vedovo”

Un ritratto sociologico terrificante, racchiuso in un film dalle vette di comicità sublimi, un duo quello di Alberto Sordi e Franca Valeri irresistibile, ma un ritratto di questa classe dirigente italiana marcia già dalle fondamenta, arrivista senza scrupoli e soprattutto allergica ad ogni regola.

Le amanti arriviste, che puntano alla scalata sociale, gli industriali potenti che fanno il bello ed il cattivo tempo, uno stuolo di parassiti intorno al “Sciur Commendatur” tutti pronti a sfruttarne la posizione e mangiarsi le briciole di quel mondo dorato post-bellico e pre-industriale, un “modus vivendi”precursore della faunadi tirapiedi e portaborse che popola ancora oggi questo paese, un film quasi Tarantiniano per amoralità e ferocia se non fosse che Tarantino neanche era nato, tutto condito da quell’aurea di comicità con cui la nostra commedia più nobile faceva riflettere (sor)ridendo.

Dino Risi

Dino Risi iniziò da questo affresco arguto e divertentissimo un’analisi che proseguì nel 1961 con “ Una vita difficile”, “Il sorpasso” nel 62, capolavoro di cinismo e tecnica assoluto e conclusa con lo spietatissimo “ I mostri” nel 63, quattro racconti di inusitata ferocia,. in cui l’individualismo e l’arrivismo sono denunciati attraverso il sorriso amaro della farsa, con quei personaggi tutti riconoscibili progenitori degli arrivisti che ancora oggi popolano le nostre miserie.

Una Milano ancora da bere e che qualcuno ha cercato (ed è riuscito poi) a mangiare, in un turbine di affarismo sfrenato e senza regole che ha deturpato il sogno post bellico del Bel Paese.

Soprattutto, questo film più degli altri è stato un inascoltato grido di allarme dell’intellettuale Dino Risi, sottovalutato nel suo aspetto sociologico nonostante il successo clamoroso del film, forse proprio per colpa del successo. Il regista non assolve nessuno dei protagonisti e neppure delle figure meschine di contorno, sommersi dalle risate tutti, tutti condannati, al ludibrio o anche a molto di più, fino al memorabile “ Che fa marchese, spinge” con cui l’aspirante vedovo si condanna ad una fine cruenta e divertentissima per sua stessa mano.

Il Link con il film completo

Mauro Valentini

La svolta nel delitto di Arce e quel libro di Pino Nazio…

«Non conta chi ha sferrato il colpo decisivo, mia figlia è rimasta lì a terra 4-5 ore. poteva essere salvata e si scelse invece di lasciarla morire . Come per Stefano Cucchi…

si è cercato di nascondere la verità perché altri in caserma hanno sentito quello che accadeva, ma qui l’Arma si è riscattata con le nuove indagini e la determinazione di arrivare in fondo. Io e Serena ci attendiamo ora un segnale di giustizia: che queste persone vengano arrestate come altri innocenti prima di loro e passino il processo in carcere».

Guglielmo Mollicone stavolta vede la fine del tunnel. Al collega Fulvio Fiano de “Il Corriere della Sera” del 19 febbraio, ha raccontato tutta la sua rabbia ma anche e soprattutto la sua speranza. Speranza che si apra finalmente uno squarcio di verità sulla sorte della figlia Serena, morta a Arce il primo di giugno del 2001 in circostanze che ormai sono chiare, almeno secondo i RIS che hanno consegnato una relazione alla Procura di Cassino che sembra già una sentenza.

Serena Molicone

Per quello che trapela da quella relazione infatti, appare chiaro che Serena è stata colpita a morte nella caserma dei Carabinieri di Arce. E tutto lascia presupporre che per il comandante della Stazione di allora Franco Mottola e per la sua famiglia inizierà un periodo difficile. Molto difficile.

Le tante tracce esaminate per giorni con microscopi di ultima generazione, le comparazioni scientifiche per rintracciare una «coerenza dei materiali» (così è detto nella relazione) rendono infatti un quadro schiacciante che porta dritti a una soluzione che è quella paventata e urlata per diciotto anni da Guglielmo: Serena per lui è morta in caserma, anzi, nella casa del comandante della Stazione e poi è stata portata legata e chiusa in una busta di plastica al bosco di Fonte Cupa (oggi Fonte Serena).

Chi si è occupato del caso Mollicone e ne ha scritto anche un libro è il giornalista della Rai Pino Nazio, che oggi sul suoi profilo Facebook ha voluto riportare alcuni passi del libro: Il mistero del bosco. L’incredibile storia del delitto di Arce (Sovera edizioni 2013).

Passi che in effetti chiarivano fin da subito alcuni passaggi investigativi che soltanto ora riportano i RIS.

Era tutto così chiaro eppure…

Pino Nazio

Scrive Nazio: “Finalmente siamo vicini a un nuovo processo per la morte di Serena Mollicone. Alla verità no, quella è stata urlata da anni dal papà Guglielmo e l’ho descritta nel mio libro del 2013. Mi sono andato a rileggere alcuni passaggi del libro e c’è dentro tutto quello che si sta verificando in questi giorni….”

Ed ecco alcuni passaggi fondamentali del suo libro:

[…]
Quando la parte più lunga della notte era già trascorsa, Guglielmo rientrò a casa in preda allo sconforto e trovò una strana sorpresa: ad aspettarlo davanti casa non c’era la figlia, come durante

quelle interminabili ore aveva pregato che avvenisse, ma il maresciallo Mottola.

Frastornato dall’insolita apparizione, non trovò irrealistica la richiesta dell’uomo di entrare in casa e perquisire la stanza di Serena, alla ricerca di elementi utili.

Tutte le denunce di scomparsa non vengono approfondite dalle forze dell’ordine nelle prime ore; la stragrande maggioranza dei casi si risolvono nell’arco delle ventiquattro ore.

[…]

Il maresciallo Franco Mottola si dimostrò inspiegabilmente esagerato e noncurante delle regole, c’erano tante stranezze nel suo comportamento, ma cosa non era sembrato strano a Guglielmo in quella notte?
[…]

Il maresciallo Franco Mottola condusse l’interrogatorio, incurante del dolore dell’uomo e delle due nottate in bianco, appena trascorse.

Le domande erano sempre le stesse, ripetitive, ossessive, a cui Guglielmo rispondeva sempre nello stesso modo. A nulla valevano le suppliche di farlo tornare a casa, perché da un momento all’altro sarebbe rientrata Consuelo e non avrebbe trovato nessuno.

Solo alle quattro del mattino si riaprì il portone della caserma e Guglielmo poté tornare a casa.

Appena tornato a casa, Guglielmo andò ad aprire un cassetto, già aperto ore prima da Mario, senza che quest’ultimo vi avesse trovato nulla di interessante, fece una incredibile scoperta: qualcuno aveva messo lì dentro il telefono della ragazza.

Era tardi, il giorno dopo lo aspettava la durissima giornata dei funerali, lasciò sul tavolo il cellulare che aveva trovato e crollò sul letto quasi svenuto.

[…]
Le tracce di Serena si erano perse alle 9.35 di fronte alla fermata della corriera di Isola Liri, un successivo avvistamento la vole
va in compagnia di alcuni ragazzi al bar della Valle intorno alle 10. Era stata la dipendente del bar, Simonetta, a ricordare che Serena era scesa da una Lancia Y, lo stesso modello di automobile che aveva Marco Mottola, figlio del comandante della stazione dei carabinieri di Arce. Simonetta ricordava di averla vista entrare nel bar con il ragazzo per comprare delle Marlboro light, le stesse si
garette che fumava Serena.
[…]

Lungo la strada Serena avrà avuto un battibecco con Marco, il figlio del comandante della stazione o con qualcun altro, io non posso sapere chi c’era in quella macchina. Lei era indignata dal fatto che in paese girassero sostanze mortali, forse aveva paura che volessero darle anche al fidanzato, fare di lui un tossico”.

“Ti risulta che avvenissero cose simili?”, domanda Lucrezia. “In quel giro c’erano state altre volte delle liti, perché qualche spacciatore voleva avviare all’uso di droghe pesanti qualche ragazzo i cui parenti e amici si erano opposti, se ne è parlato anche al processo”.

“Quindi una discussione nata in macchina, una lite pesante,” cerca di riassumere Jacopo attento a non perdere il filo del discorso, “con Serena che minacciava di andare a dire tutto ai carabinieri?”.

“Sì. E l’altro, forte di qualche protezione altolocata, potrebbe averla sfidata, arrivando a proporle di portarcela lui stesso alla caserma dei carabinieri”.

“Proprio come aveva detto Santino Tuzzi, che quella mattina la aveva vista arrivare in caserma, dalla quale però non la vide più uscire ‘aggiunge Lucrezia’.

Mia figlia è stata inghiottita da quelle mura dove era andata per chiedere protezione, cercava giustizia, ha trovato una banda di assassini”.
[…]

Io credo di capire cosa sostenga Guglielmo, il papà di Serena, la molla che lo spinge ad andare avanti è la ricerca degli assassini, guardarli in faccia, vederli condannati. Quella è diventata la sua ragione di vita”.

Mauro Valentini

Edizioni Sovera

(brani tratti da: Il mistero del bosco. L’incredibile storia del delitto di Arce (Sovera edizioni 2013)

Fonte: Corriere della Sera ( https://roma.corriere.it/notizie/cronaca/19_febbraio_20/serena-mollicone-l-ultima-perizia-incastra-famiglia-comandante-delitto-arce-88611766-3488-11e9-a0cc-9d1fdf09d884.shtml )

Padre Graziano – Attesa per il verdetto della Cassazione. Ma può aver fatto tutto da solo?

L’appuntamento per l’ultimo grado di giudizio per padre Graziano è fissato per il 20 febbraio 2019.

La Cassazione valuterà se le due sentenze di primo grado e d’appello sono congruenti e se per il destino di Guerrina Piscaglia si può chiudere qui. Il prete congolese è stato riconosciuto colpevole di omicidio e distruzione del cadavere in Corte d’Assise ad Arezzo e in Corte d’Appello d Firenze. 25 anni di reclusione, questa la condanna che dovrà passare al vaglio della Suprema Corte.  Per i giudici è stato lui. Il movente è chiaro per l’accusa e per le due Corti che hanno accolto il teorema accusatorio: la donna minacciava di rivelare particolari sui loro incontri ed era diventata ossessiva tanto da costituire una minaccia per la reputazione (e la gestione dei suoi movimenti molto particolari) del frate.

Epilogo quasi scontato, anche se il corpo della povera donna non è stato ancora trovato. Un fatto questo che aveva fatto ipotizzare una soluzione diversa, ma il quadro indiziario era così schiacciante da render quasi impossibile ogni ipotesi alternativa alla condanna.

La vicenda di Guerrina Piscaglia inizia il primo maggio del 2014, quando la donna allora 50enne scompare nel breve tragitto che intercorre tra la sua abitazione, dove vive con il figlio e il marito, e la canonica della chiesa di Ca’ Raffaello nel comune di Badia Tedalda (Arezzo). In quella canonica c’è Padre Graziano che l’aspetta, dato questo che si evince dall’ultimo messaggio scritto dalla donna al frate, inequivocabile nel testo esplicitamente riferito ad un appuntamento di natura sessuale.

Quello che inchioderà Gratien Alabì sarà proprio quel cellulare in uso a Guerrina, perché nei due mesi successivi partiranno vari messaggi a persone diverse, ricchi di frasi che avrebbero avuto il chiaro intento di far pensare ad una fuga d’amore della donna.

Ma quel cellulare si accenderà per due mesi sempre agganciando la cella dove è agganciato Padre Graziano e il primo messaggio che quel telefono invia, viene inviato ad un prete amico di Graziano ma che non era nella rubrica di Guerrina.

Per l’accusa questa è la pistola fumante, Graziano ha depistato le indagini e ha inviato per errore quel messaggio ad un suo amico invece che ad altra persona. Un depistaggio che in parte era anche riuscito, perché fino ad agosto dello stesso anno nessuno inspiegabilmente cerca la donna. I Carabinieri della locale stazione, secondo quello che afferma Mirko, il marito della donna, si sarebbero limitati ad un controllo di routine avvalorando di fatto la tesi dell’allontanamento volontario.

Ad agosto, però la svolta. L’avvocata Faggiotto, che cura in quel momento gli interessi della famiglia della scomparsa, scrive una lettera dettagliata a “Chi l’ha visto?”. L’inviato della trasmissione Giuseppe Pizzo arriva sul posto e non ci mette molto a comprendere, con poche verifiche e tante domande, che il racconto del frate presenta troppe incongruenze, accendendo definitivamente i riflettori su una vicenda che altrimenti sarebbe caduta nel dimenticatoio.

Incongruenze che ci sono però anche nel racconto del marito della vittima, che fino alla lettera dell’avvocata alla Redazione di Rai Tre, ha continuato ad avere con padre Graziano un rapporto molto stretto di amicizia e di frequentazione, una frequentazione che in effetti era fitta, molto fitta ad ascoltare i suoi racconti spesso al limite del surreale, anche prima della scomparsa della donna, nonostante Guerrina non sembrava far mistero della sua passione per quest’uomo di chiesa.

Ma è soprattutto nella spiegazione riguardo alle ore successive alla scomparsa fatta da Graziano che qualcosa da subito non torna. Guerrina scompare nel nulla appena dopo le 13:30, mentre suo marito Mirko sta lavando l’auto del frate nel cortile della loro casa. Quella macchina che Mirko l’aveva presa poche ore prima dalla canonica. Un’ora dopo l’ultimo saluto alla moglie, Mirko racconta di esser di nuovo in chiesa per prendere Padre Graziano in quanto lo deve accompagnare a celebrare una messa in un paese non molto lontano.

Sembra una partenza in perfetto orario ma all’appuntamento in chiesa i due arrivano con diversi minuti di ritardo. Successivamente lo stesso marito dichiarerà che il ritardo di quel pomeriggio era dovuto al fatto che erano tornati indietro per prendere un libro necessario al frate congolese per celebrare la funzione, ma certo è che se si da per vera la ricostruzione dell’accusa premiata in pieno dai giudici di primo e di secondo grado) Guerrina a quell’ora è stata già uccisa proprio in quella canonica e questo ritardo e questo tergiversare di Graziano con il marito della donna la attorno è quantomeno singolare.

E poi c’è quel racconto sempre fatto da padre Graziano, dell’incontro con il fantomatico zio Francesco, sempre il giorno della scomparsa. Un racconto che fa acqua da tutte le parti, quello dell’imputato, che racconta (ma soltanto quando gli inquirenti lo hanno ormai messo nel mirino delle indagini) di una Guerrina che è in auto con quest’uomo che nessuno conosce e nessuno ha mai visto prima e dopo quel giorno, chiedendo soldi e aiuto perché voleva scappare e non tornare più a casa.

Ma a casa Guerrina ha un figlio disabile che lo aspetta. Un figlio che l’ha aspettata per due anni e mezzo, un ragazzo da cui Guerrina non si sarebbe mai staccata così senza un cenno.

Guerrina è stata uccisa quindi da padre Graziano, ma è davvero difficile non pensare ad una correità di qualcuno lì in canonica tra i frequentatori e gli amici di Graziano, almeno nell’occultamento del cadavere della donna.

questa triste vicenda non può avere solo un colpevole.

Il marito di Guerrina Mirko Alessandrini si è costituito parte civile. Come l’associazione Penelope che si occupa di persone scomparse. Dopo la sentenza definitiva, in caso di conferma della condanna, si spera che Graziano, dica almeno dov’è il corpo. E magari chi lo ha aiutato.

Mauro Valentini

 

A Uno Mattina il mio libro “Mirella Gregori – Cronaca di una scomparsa”

Questa mattina sono stato ospite, insieme ad Antonietta Gregori, della trasmissione

Uno Mattina.

Uno Mattina 19 febbraio 2019

Con i conduttori Franco di Mare e Benedetta Rinaldi abbiamo ripercorso i momenti drammatici di questa storia e i possibili sviluppi proprio a seguito della pubblicazione del libro edito da Sovera.

Tra inchiesta e testimonianza Antonietta ha ribadito la sua volontà a non mollare nella ricerca della verità, perché, come ho ribadito anche io agli autori della trasmissione: «Il mistero attorno a Mirella può esser risolto con la rilettura ragionata delle carte, finalmente separate dal caso Orlandi che, associato da sempre al caso di Mirella, non ha fatto che render impossibile allora la ricostruzione delle responsabilità.»

Qui sotto il link della puntata integrale: il nostro intervento da: 1:25:30 

https://www.raiplay.it/video/2019/02/Unomattina-fb5b6243-faf2-4960-8fcd-0f45d0e33dbe.html

Benvenuti nel blog di Mauro Valentini

Amici lettori.

Questo che sta per nascere è un blog. O forse qualcosa di più.

Un contenitore di articoli sui temi che amo: i libri, la cronaca e il cinema.

Un magazine quindi, personale e che sarà aperto a collaborazioni di ogni tipo.

Insomma… siamo quasi pronti.

Intanto Vi auguro un 2019 ricco di soddisfazioni e di parole scritte. Un augurio che mi concederete di estendere al neonato www.maurovalentini.it 

Mauro Valentini

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